Quando Alessia è arrivata ero diviso da una grata,
l’ho guardata e un po’ sbirciata: non l’ho mica tanto amata!
Poco male - lei si è detta – “io ti aspetto, senza fretta,
l’amor vero si progetta, non è mica una ricetta”.
Tutti stretti siamo usciti, dal rifugio, impensieriti
miagolii e tante liti, non siam proprio ben partiti.
Poi a furia di osservarla, mentre stavo nell’armadio
“una chance, posso anche darla”, ho pensato in quello stadio.
Sono uscito e da quel giorno, non ci ho fatto più ritorno,
“vieni letto!” o “vai nel forno!”, ho guardato tutt’intorno
ho capito che il tuo amare, era strano - ma non male!
che con te a miagolare, si può tutto, anche ballare.
Mi hai portato in lungo e in largo e son salito anche su un cargo,
ogni volta “è un sfascio!” e tu sempre “non ti lascio!”.
Parigi, Grosseto, il treno e i giardini: ho cacciato piccioni, e bambini!
Ho affrontato paure e cretini,
le prime le ho accolte; i secondi: meschini!
Abbiamo passato intere notti insonni, mi hai abbracciato, stritolato, ho conosciuto pure i nonni!
Negli anni ho imparato un sacco di altre cose,
e non abbiamo spazio qui, abbastanza, per le più grandiose.
Purtroppo i percorsi hanno durata diversa, e la vita a volte ha una piega perversa:
pagherei adesso per urlarti “nel forno!!!”, pur di avere con te un dannato altro giorno.
E se questo pagamento non è ancora accettato, posso ancora scriverti qualcosa di smielato.
A te Bumi, mio grande gatto, che la sera mi facevi le fusa di soppiatto,
è per te questa scema, stupida poesia, perché nessuno ti porti più via.